La mano sinistra di Dio: genetica, epigenetica, allevamento.

by Roberto Mucelli

Quali Criteri Utilizzare Per La Scelta Del Riproduttore: Il Border Collie Index

Questione di “gusto”

Il tema di come scegliere il “giusto” accoppiamento è da sempre estremamente spinoso. Ciascun allevatore ha una propria visione della razza allevata, che nasce dalla quotidiana vita vissuta con i propri cani, nel nostro caso i Border Collie; osservarli ed interagire con loro nei contesti più disparati come la convivenza casalinga, la frequentazione di luoghi pubblici, le passeggiate in montagna, il biking od il running; poi in tutte le discipline sportive, dall'agility dog al frisbee dog, i giochi di abilità come i balance tricks, il lavoro sul gregge.

Più l'allevatore avrà modo di osservare i propri cani all'opera in tutti questi contesti, maggiormente sarà in grado di sviluppare una propria idea sulla tipicità del Border Collie, quindi cercare negli accoppiamenti di realizzare il più possibile il proprio modo di intendere la razza.

E qui cominciano i problemi! Anzitutto la visione della razza, la idealità del Border Collie è un concetto inevitabilmente soggettivo. Tuttavia, il limite inevitabile della soggettività nel modi di considerare la riproduzione dei Border Collie a ben vedere si rivela un vantaggio.

Pensando al cinema, alla letteratura, all'arte sappiamo che esistono persone che hanno lavorato per raffinare il loro gusto e per cogliere elementi che il grande pubblico non coglie, proprio per il loro quotidiano impegno di studio, frequentazione ed osservazione delle opere artistiche: sono i critici . Già il filosofo inglese David Hume, nel suo Of the Standard of Taste, pubblicato nel 1757, da buon empirista sottolinea la grande varietà di gusti, corporei ed intellettuali. Tuttavia non può fare a meno di individuare uno “standard del gusto” che si rivela tale proprio perchè costruito a partire dall'expertise dei critici dotati di particolare sensibilità, non come forma innata ma come frutto della continua e costante pratica.

l pubblico si può quindi affidare alla visione di persone esperte, come i critici d'arte lo sono nel loro campo, per orientare la propria scelta, acquisendo dei pareri, soggettivi per definizione ma provenienti da persone che hanno esperienza di vita e di lavoro con la razza canina allevata e che si adoperano quotidianamente per affinare la capacità di formare una visione ideale della razza.

E qui subentra il secondo punto scottante, quello della visione “ ideale ”. Sappiamo di non aver mai visto l' “uomo” ma di interagire quotidianamente con Alessia, Gianmarco, Mariangela... ovvero soggetti individuali. Così non esiste il “Border Collie”, ma esistono Albireo, Aragorn, Banshee di Petrademone e così via. Sappiamo benissimo, perchè ci viviamo insieme, che posseggono ciascuno una propria individualità ben precisa che tendono a mantenere relativamente costante nel tempo, insomma una personalità , esattamente come noi.

Tommaso D'Aquino nel XIII secolo considerando la specie le attribuiva un valore puramente nominalistico, ovvero concettuale. Con l'illuminismo e l'orientamento materialista-empirista nelle scienze si è invece passati a considerare la specie come se avesse valore ontologico, in altre parole come se esistessero veramente come oggetto empirico. Ne è la prova la classificazione zoologica di Linneo, risalente al XVIII secolo, che ancora negli anni '70 del '900 si studiava in biologia.

Parlando di “ideale” quindi non possiamo che rimandare ad una concettualizzazione che esce da una paralizzante soggettività totale solo se discussa tra persone competenti, nell' agorà del mondo cinofilo.

La visione dell'allevatore, basata su ideali ipotetici , per quanto sviluppati da persone competenti, è null'altro che una concettualizzazione. Questo modo di pensare il Border Collie orienta poi alla scelta dei criteri sulla base dei quali compiere l'azione della riproduzione e della messa al mondo di cuccioli.

La mano sinistra di DIO...

E qui veniamo al discorso dei criteri che si utilizzano per allevare.

L'allevamento è un'attività da intraprendere in punta di piedi, con devozione e rispetto del mistero, provando a collocare il nostro pensiero da allevatore tra: l'evoluzionismo di Charles Darwin, il determinismo neo-darwinista, il creazionismo ed il disegno intelligente del cosmo (Per la definizione e l'approfondimento di questi temi si possono vedere i saggi di Paul Davies e di JeanJacques Kupiec con Pierre Sonigo riportati in bibliografia).

L'allevatore infatti ha la “pretesa” di sostituirsi, nell'ordine: alle leggi della selezione naturale; al disegno del cosmo intelligente, perfino a Dio nella sua infinita libertà creatrice.

Ed ecco il perchè del titolo di questa nostra riflessione: l'allevatore, visto ironicamente, poterebbe avere la pretesa di sostituirsi a Dio e decidere di quale tipo di creature popolare il mondo, ma il risultato di questa presunzione sarebbe null'altro che un goffo ed improbabile “tiro mancino” effettuato da un destrorso.

Occorre perciò da parte dell'allevatore umiltà, studio e senso del limite, per evitare di assumere posizioni arroganti.

Quale genetica?

Vediamo il perchè, iniziando dal tema della genetica.

Ogni buon allevatore dovrebbe avere una conoscenza della genetica, non certo specialistica ma nemmeno troppo superficiale.

Ma quale genetica occorre conoscere? Non c'è una sola genetica, così come nel pensiero scientifico non esiste un solo orientamento utilizzato per studiare, sperimentare ed interpretare i fenomeni (per questi temi rimando al bel saggio di Marco Buzzoni). L'evoluzione del pensiero scientifico è contraddistinta dal succedersi di paradigmi, secondo la definizione data nel 1962 da Thomas Kuhn in The Structure of Scientific Revolutions, i paradigmi “sono conquiste scientifiche universalmente riconosciute, che, per un certo periodo di tempo, forniscono problemi e soluzioni modello ad una comunità che pratica un campo di ricerca specializzata” (cit. in La filosofia della scienza, di Marco Buzzoni).

Esempi di paradigmi che si sostituiscono l'un l'altro e diventano incommensurabili sono: la geometria euclidea e le geometrie non euclidee, la fisica newtoniana e la teoria einsteiniana della relatività.

Dalla teorizzazione di Thomas Kuhn in poi il progresso scientifico può essere considerato alla stregua un mito: un modello di lettura degli eventi, quale il paradigma, non è infatti soggetto ad integrazione rispetto alla teoria precedente, ma più spesso la rivoluziona, portando nuovi elementi esplicativi inconciliabili con il passato. La scienza quindi non ha un moto progressivo che passa dolcemente da una teoria ad un altra ma piuttosto procede per salti rivoluzionari, dove una nuova teoria è inconciliabile con la precedente. Ad esempio, per affascinanti che si possano trovare i principi della Scuola Medica Salernitana, fondati sulla scienza araba, che hanno dominato la medicina fino al XVIII secolo, oggi non possiamo sostenere che la medicina contemporanea sia un'evoluzione della Scuola Medica Salernitana, perchè i modelli interpretativi ed esplicativi utilizzati sono totalmente differenti. Ebbene, considerando un tema come la genetica dobbiamo tristemente constatare che molti testi dedicati agli allevatori (come il fondamentale testo Genetic for dog breeders, di Roy Robinson) e molti pareri veterinari si fondano ancora sul paradigma della genetica mendeliana, oggi in uso solo presso biologi e genetisti che tuttora utilizzano il riduzionismo determinista, imperante dal positivismo fino alla metà del XX secolo, come orientamento al loro pensiero.

Il paradigma riduzionista e determinista in biologia ed in fisica è particolarmente resistente a livello culturale, considerato che è stato messo in crisi sin dai primi anni del XX secolo attraverso la scoperta delle geometrie non euclidee, della teoria della relatività di Einstein e del principio di indeterminazione di Heisenberg (come riportato in Storia della Filosofia, III volume, di Valerio Verra).

La Biologia sperimentale, informata dal paradigma riduzionista e determinista, nasce durante la rivoluzione industriale, fondandosi su un modello di mondo “considerato come una gigantesca macchina costituita da componenti staccati l'uno dall'altro ed assemblabili dagli esseri umani secondo precisi progetti di adattamento della natura alle nostre esigenze” (M. Buiatti in: Francesco Bottaccioli, Mutamenti nelle basi delle scienze).

Nel 1847 a Berlino viene sottoscritto il Manifesto dei Medici Materialisti, fondato sul paradigma riduzionista, secondo il quale, per semplificare, “il tutto è costituito dalla somma delle parti, ognuna della quali è uguale se isolata o inserita nel tutto... il modello di riferimento vero non è nemmeno la natura non vivente ma la macchina, che è appunto del tutto composta di parti del tutto indipendenti nelle quali è scomponibile e con le quali può essere riassemblata” (Marcello Buiatti, Dipartimento di Biologia Animale e Genetica, Università di Firenze: La verità in biologia. In: La questione della verità: filosofia, scienze, teologia. A cura di Vittorio Possenti).

E' in questo clima culturale che Gregor Mendel, fisico, analizzò il comportamento di decine di migliaia di piante di pisello e ne ricavò leggi probabilistiche attraverso metodi fisici e matematici. Come sappiamo le leggi individuate da Mendel attraverso lo studio delle piante di pisello e secondo le quali esisterebbe un preciso rapporto causale tra genotipo e fenotipo ancora oggi fondano le conoscenze genetiche del grande pubblico e, purtroppo, anche di molti specialisti.

Il paradigma riduzionista e determinista viene superato nell'ambito delle rivoluzioni scientifiche già negli anni 20 del '900, eppure continua ad essere correntemente utilizzato, anzi rafforzato, nel momento in cui Crick e Watson nel 1953 scoprirono il DNA, ovvero una macromolecola nella quale, secondo la teoria genetica determinista, sarebbero scritti i fenotipi degli organismi. Fino a quel momento la genetica Mendeliana si fondava solo su calcoli matematici, in quel momento venne scoperto il meccanismo fisico che dal genotipo permetteva la formazione del fenotipo.

Queste tesi meccaniciste vengono poi ribadite con forza ancora negli anni '70 del '900 da Jacques Monod, che parla del DNA come invariante biologico e sostiene: “la cellula è proprio una macchina”(Jaques Monod, Il caso e la necessità). In questo modello le mutazioni genetiche, che permettono l'evoluzione, sono attribuite solamente al caso.

Non è questa la sede di discutere la perdurante fortuna presso il grande pubblico di un paradigma scientifico obsoleto come la genetica mendeliana. Certo che proporre un modello che prende in considerazione un fattore alla volta e si basa sulla causalità lineare dell'operatore logico if...then è estremamente rassicurante perchè offre una sensazione di controllo e di scarsa discutibilità delle previsioni. Per gli allevatori è senz'altro utile per operazioni banali come la previsione del colore del mantello dei cuccioli a partire dall'eredità genetica trasmessa dai genitori.

Altro che codice! Se ne vedono di tutti i colori...

Anche se... sappiamo che nel caso dei Border Collie, creature che ne fanno vedere di tutti i colori, affermazione interpretabile sia come metafora della vita quotidiana sia come possibilità fenotipica di colorazione del mantello, la genetica Mendeliana sia solo relativamente esplicativa perfino per la colorazione del mantello.

Sappiamo che la colorazione dipende dalla melanina prodotta attraverso l'ossidazione di un aminoacido, la tirosina. Esistono tre forme di melanina, la eumelanina, la feomelanina e la neuro melanina: “ Tutti i border collie hanno nel loro mantello una versione “rossa” della melanina, detta feomelanina. Nei bianchi e neri, la eumelanina nera copre l'apparenza del rosso. Se guardate da vicino ed in piena luce il vostro Border Collie bianco e nero dopo che abbia trascorso molto tempo al sole potrete vedere un debole riflesso rosso sul pelo. La eumelanina è stata sbiancata dal sole ed il colore rosso vien mostrato sia pur leggermente” (http://www.bordercollie.org/health/kpgene.html)

Il fenotipo del mantello rosso o nero sono quindi prodotti solo parzialmente dai corrispondenti geni, come vorrebbe la teoria genetica Mendeliana della corrispondenza assoluta e determinista tra genotipo e fenotipo.

Affrontando temi più complessi con l'ausilio del modello genetico determinista saremmo nella impossibilità di dimostrare a livello di biologia molecolare una qualsivoglia corrispondenza biunivoca tra genotipo e fenotipo; non esistono infatti geni, singoli o raggruppati, univocamente identificabili e responsabili della produzione di assetti comportamentali complessi e tipici del Border Collie (ibidem).

 

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